L'opera
Il titolo del romanzo Gli altri occhi di Alina ripete quello del penultimo capitolo che riassume per molti versi il senso dell“intera storia. Il racconto percorre, in una successione diacronica di eventi, il filo esistenziale dell“autore, dall“infanzia all“età matura; un filo che, ormai spezzettato e reso quasi illeggibile dagli anni, è riannodato con disincanto, ma pure con emozione e curiosità quasi infantili. Alla tenera descrizione dei ricordi dell“infanzia vissuta nel paese contadino, “sa bidda“, fa seguito quella più dura del trasferimento necessità economiche in nuovo paese, del disagio di una adolescenza e una giovinezza vissute spesso nell“impossibilità di dare ali alla voglia di vivere. È un vortice di ricordi – qualcuno deformato non solo dalle nebbiosità del tempo – dal quale l“autore si fa trascinare. Nasce così un intreccio di realtà, fantasia, sogno, volutamente indistricabili che, al di là degli stacchi temporali, danno forma al presente, ricostruendo e reinventando il passato. Ne scaturisce una miscela di realtà e immaginazione che, nella sua amara ironia e nella sua incompiutezza, non offre risposte, ma lascia al lettore la libertà di coglierne i segnali e il senso. La narrazione fa uso, soprattutto nei feedback, di tipiche espressioni sardo-campidanesi, con l“intento di rendere vivi i personaggi e dar voce a un mondo ormai scomparso, ma che ha lasciato un“impronta indelebile nelle generazioni che lo hanno conosciuto.
|