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Esporlatu

luoghi, storie, tradizioni e prospettive

$15.90 Esporlatu
Codice ID 978-88-SBS-1613-Z
Autore/i Pietro Paolo Tilocca
Editore Edizioni Poddighe
Edizione 1998
Pagine 240 (illustrato)
Formato 14 x 21 cm
Rilegatura Brossura con lembi e cucitura filo refe
Genere Storia, biografie e araldica, archeologia e preistoria
Supporto Cartaceo
Lingua di pubblicazione Italiano

L'opera

La storia del paese di Esporlatu, le tradizioni, i personaggi celebri.  "Ho sfogliato così, a caso, il libro di Pietro Paolo Tilocca, come sempre quando mi capita fra le mani un nuovo libro. Sono finito a p. 145, alle ultime righe: «Oggi per me è una bellissima giornata. Finalmente sono venuto a sapere dove si trova mio padre... Le campane a morto erano per lui; pace all“anima sua. Beviamo e brindiamo... Io non ho avuto la fortuna di conoscerlo perché ero troppo piccolo, quando partì... Ormai vecchio voleva tornare in paese con la speranza di trovare la moglie e i figli, ma arrivato a Genova non ha avuto il coraggio di prendere la nave per la Sardegna... Ha finito così per morire di stenti e di freddo in una via deserta, con il solo passaporto in tasca. Che bella fortuna ha avuto mio padre ! Bevete, bevete. Almeno adesso so il suo indirizzo!».  È la risposta che il figlio dell“emigrato dà alla comitiva riunita in su zilleri che si chiede per chi suoni la campana a morto. È un terribile sarcasmo covato per anni, che ora esplode, come un tumore. E non è certamente un caso unico, a Esporlatu... e altrove. La campana a morto, il silenzio improvviso calato nel zilleri, il tintinnio dei bicchieri e l“epicedio (sì! epicedio,) del figlio dell“emigrato mi hanno seguito, come un leitmotiv, una triste musica di sottofondo, per tutta la lettura del libro. Gloria, Lucrezia-Cassandra sono storie appena accennate, dove miseria morale e fisica si fondono insieme e rendono compartecipe tutto il paese. E il povero Pedru? A quattordici anni deve aiutare la famiglia. Perciò, nel mese di dicembre fa il pastorello per 150 capi : unico riparo, un capanno coperto da lamiera. Solo, quando riesce ad accendersi il fuoco, arrostice le ghiande di leccio. Buone quelle ghiande! Già! Un pane solo con un pezzo di formaggio era tutto il suo vitto giornaliero. Mai un pasto caldo! E lui Prededdu, non era il meno fortunato.  I campagnoli come lui potevano soltanto lavorare dall“alba al tramonto e, appena rientrati dai campi, accudire al bestiame da lavoro. Quasi sempre le loro donne, pur cariche di figli, dovevano aiutare a far l“orto e sarchiare. Eppure, solo raramente i loro sacrifìci venivano compensanti da un buon raccolto. Se la siccità minacciava la carestia, non c“era di meglio che raccomandarsi, con riti antichissimi, a Maimone, il genio della pioggia. E lo Stato? Era presente... con l“esattore e con i carabinieri. Tutt“al più interveniva per delimitare il territorio del Comune, come nel 1847. I buoni esportatesi marcano i confini con un segno sacro, con la croce scolpita sulle rocce; proprio come avviene nel Condaghe di San Nicola di Trullas (scheda 65) : « et issas lacanas sunt fatas cun cruce abe termen in termen». Un territorio così venerato, così amato, eppure così avaro! Gli esporlatesi avevano pagato il loro tributo di sangue nel Carso, prima, e in Africa poi; ma, al loro ritorno in paese avevano trovato miseria e disoccupazione.  Unici fortunati quelli che emigravano nell“America del nord e tornavano con ì dollari, che permettevano loro dì vìvere meglio dei compaesani, finché non esplode nuovamente la crisi del dopoguerra. I primi esporlatesi di cui si abbia un ricordo sono umili "servos“: nel Condaghe di San Pietro di Silki (scheda 242) donna Jorgia de Thori dona unu metatu de porcos con quattro servos, tra questi c“è Maria Pirari figlia de Pelru Pirari, su d“Isporlathu, et de Sarakina Piana. Ma c“è anche la storia di chi ha avuto successo ; Cornelio Murgia, annoverato da Pasquale Tota tra gli Uomini Illustri di Sardegna, Nicola Manconì, Giovanni Onu. Sono sacerdoti che, insieme ad altri, hanno portato nella carne e nell“anima il dramma di un popolo vinto, ma non piegato, di un popolo mai rassegnato a subire, e con lui hanno lottato e pregato, senza chiedere nulla per sé, certi dì una sorte migliore, non per sé, ma per quelli a venire.  Caro Pietro Paolo, le tue pagine sono intrise di lacrime nascoste, quelle antiche della nostra gente. Tu narri col pudore di chi non vuole mettere a nudo la propria anima. Ma la tua non è semplice narrazione. È la vicenda umana, quella vera degli umili, che i nostri cosiddetti storici hanno ridotto a sfilate di grandi macellai dì uomini e a prodigi dì una tecnologia disumanizzante: una storia rappresentata nell“iperuranio di schemi intellettualistici e propagandistici e, purtroppo, largamente penetrata nella scuola. La tua, quella che tu scrivi, sarebbe tutt“al più, secondo ì nostri cosiddetti storici, "microstoria". La storiografia del futuro abbandonerà il cocchio dei trionfatori del momento, non sarà più una pretesa "megastoria ". Tu certamente ti sei chiesto (e non solo tu), se e come sarebbe stato possibile costruire la nostra civiltà, senza il sangue dei nostri paesani e delle loro donne, versato da un esercito di vinti, ma (ripeto) non domati, pronti sempre a riprendere la lotta." (prefazione di Virgilio Tetti)

Esporlatu

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