L'opera

Protagonista principale della maggior parte degli scatti di Ballen, distante dalla rappresentazione del culto della bellezza e immune al comune senso del ridicolo, il corpo umano sperimenta molte possibilità plastiche: figura razionalmente posizionata in uno spazio irrazionale che non la conforta né la accoglie, passa dalla insistita frontalità della posa da ritratto, a forme grottesche, innaturali. Nel corso della narrazione il corpo si smonta, si fraziona, si mostra camuffato, privato quasi della sua identità; maschere, giochi di ruolo, coperture, sipari: la finzione teatrale dà visibilità alla figura in quanto presenza umana complessa. Ballena non fotografa fatti o persone; riprende energie, legami misteriosi, tensioni insolute, rapporti che non hanno nome e di cui la scompostezza è solo il momento più eclatante, la fase più evidente e superficiale. I protagonisti diventano così non carne e ossa ma vettori che raccontano le forze all´interno delle foto: le schiene come linee curve perfette, archi significanti a cui fanno eco ferri appesi al muro; braccia e gambe come diagonali che segano l´immagine; sguardi che riecheggiano verso di noi creando triangolazioni inquietanti e destabilizzanti [...] Nelle sue immagini c´è rigore delle forme ma non armonia. E tutto si colora di sgradevole. L´ombra del ripugnante è sempre in agguato attraverso un corpo reso nel suo essere imbarazzante, assolutamente non estetizzato che rivela introspezioni non rinchiudibili nella sola camera-scatola ma estendibili ben oltre le pareti. (dal testo introduttivo "Passaggi d´ombra" di Sonia Borsato)