L'opera

Con questo nuovo contributo Mauro Montis, continuando la sua esplorazione attorno alla storia della guerra civile spagnola, amplia l´orizzonte di riferimento e la tematica complessiva di riflessione storica. Il caso spagnolo, infatti, è inserito all´interno di una dinamica storica che abbraccia tanto il periodo tra le due guerre quanto la costruzione e il rafforzamento di uno stato autoritario parzialmente in contrasto con la logica del «mondo libero» prevalente in Europa occidentale [...]. La guerra civile, rivisitata sulla base della più avveduta e aggiornata storiografia, viene raccontata da Montis ponendo l´accento sulle distruzioni fisiche e sociali, materiali e psicologiche, che la società spagnola è costretta a subire in quegli anni, nell´ambito di una presenza straniera determinante per il corso della guerra (tanto quella tedesca e italiana a fianco dei vincitori quanto quella sovietica a fianco degli sconfitti) [...]. La consuetudine alla violenza è la chiave di volta con cui viene analizzato il passaggio dalla fase della guerra civile all´epoca della costruzione dello stato franchista [...] È nei confronti di quelli che vengono indicati come «gli ultimi», soprattutto le donne, gli anziani, i bambini, che Montis pone l´accento nella sua disanima delle vittime di guerra, intese come coloro che subirono maggiormente quei danni collaterali che nelle guerre, soprattutto civili, lasciano strascichi più lunghi, dolorosi e profondi [...]. Si tratta di una narrazione originale di una guerra civile «lunga», che coinvolge, di fatto, un intero decennio - dal 1936 al 1946 - e che permette di conoscere come gli esiti della guerra civile vera e propria abbiano costituito ancora per molti anni una spina nel fianco di un´Europa sconvolta dalla guerra e ignara di quanto avveniva nei territori che il conflitto mondiale avevano di fatto anticipato [...]. Non è forse casuale e neppure di scarso interesse il fatto che un approfondimento di questo tipo - originale e inedito, innovativo sul piano dei contenuti e serio su quello metodologico - venga da parte di un ricercatore indipendente non legato ad una struttura accademica. È il segnale che anche nella ricerca storica gli effetti della globalizzazione possono avere aspetti ed effetti positivi, ampliando lo spettro delle competenze e degli interessi ma anche dei risultati che possono diventare patrimonio comune.  (dalla prefazione di Marcello Flore)